martedì 7 febbraio 2012

Ritorni

Gente che va e gente che viene
Questo è Secondlife.
È normale, forse anche desiderabile, ci sono avatar che arrivano, partono in quarta con l’entusiasmo, mettono in piedi l’universo (o almeno così sembra) e poi, dopo un poco, esaurito lo sprint iniziale, si afflosciano e cominciano a lasciare perdere tutto, inevitabilmente dopo un po’ tendono a scomparire.
A volte però, qualcuno ritorna, magari dopo un bel po’ di tempo. Un giorno di festa, si dirà, quando qualcuno ritorna dovrebbe esserlo… ma non sempre è così.
Spesso ci si ferma a riflettere, a ripercorrere i tempi passati, rendendosi conto che chi è andato via forse aveva i suoi buoni motivi per farlo… oppure non li aveva, semplicemente questo mondo particolare che è Secondlife non li soddisfaceva più, o li faceva stare male.
Oppure, più spesso, aveva trovato qualcosa di meglio.
Qualcosa di meglio.
La trovo una brutta parola, perché anche se il “qualcosa di meglio” è sempre desiderabile, questo significa che ciò che si è costruito su Secondlife magari con tanta fatica ed impegno, alla fine, era il niente, il poco importante… il gioco.
Eppure non dovrebbe essere così, a volte accadono delle cose su Secondlife, su questo “gioco”, che cambiano la vita, letteralmente, accade di incontrare delle persone, che poi diventano parte della nostra vita vera in modo indissolubile, o apparentemente indissolubile.
In fondo Secondlife non è un gioco, in fondo è un posto come tutti gli altri, il bar, il muretto al bordo della strada, la piazza dove ci si ritrova. Un luogo dove si incontra gente, che viene e va, o anche… che resta.
E quando si va via, apparentemente per sempre, si dovrebbe pensare che c’è sempre qualcuno che resta, resta lì, in quella piazza, ad aspettare, a coltivare i propri sogni, ad incontrare altra gente.
Viene da chiedersi, chi fa la cosa giusta? Chi va via perché ha trovato di meglio?     Oppure chi resta e continua il suo lavoro, il suo sogno, fedele agli impegni presi?
Io ovviamente so la risposta, che in questo caso vale solo per me, allo stesso tempo capisco chi sente il bisogno di andare via, di lavorare su altri spazi, più reali e tangibili.
Questo è giusto, però…
Perché dare un calcio a ciò che si è costruito prima? Perché rinnegare ciò in cui si credeva prima ed era importante?
Questo, ritengo sia il grande errore, che spesso poi costringe a forzati ritorni, magari dopo svariato tempo, quando il fuoco della nostalgia di chi è rimasto, si è un poco affievolito.
Le persone si riconoscono pienamente proprio in questi casi, quando ritornano, provano a spiegarti perché sono andate via, o non ci provano neppure, arrivano magari di nascosto e riprendono come se nulla fosse, come se i lunghi mesi (anche anni) non fossero assolutamente passati.
Non ho mai creduto nelle parabole, in questo caso nel Figliuol Prodigo.
Chi ritorna dopo tanto tempo deve risalire la china, deve riguadagnarsi il rispetto di chi è rimasto a lavorare, a piangere, a sognare.
E a volte non può, non riuscirà mai a risalire la china, perché di fatto non è mai cambiato, fa e rifà più volte gli stessi errori che faceva allora, anni prima, dimostra che niente è cambiato, dimostra che la cosa migliore che ha fatto è stata… andare via.
E cala un velo pietoso, sulle belle parole sentite, delle quali si conservano ancora i tabulati scritti e rileggendo ti viene da dire… “ma guarda che profondità d’animo!”, ma è tutto falso, costruito, un vuoto elevarsi su un piedistallo rispetto alle altre persone, senza nessun rispetto per loro.